GP dell'India - Da Maranello a Buddh, dalla simulazione alla realtà
Una nuova bandierina si aggiungerà questo fine settimana alla mappa dei Paesi che hanno ospitato almeno una gara di Formula 1. Toccherà all’India fare il suo debutto con l’omonimo Gran Premio, che si disputerà a Noida, un sobborgo di Nuova Delhi. La globalizzazione della massima competizione automobilistica sportiva procede quindi a ritmo serrato: quasi ogni anno si corre in un nuovo Paese o, come accadrà nel 2012, si farà ritorno in un altro, nel caso specifico gli Stati Uniti.
Quando si corre su una pista inedita il lavoro del venerdì assume di solito un’importanza ancora maggiore anche se, negli ultimi anni, lo sviluppo tecnologia, sotto forma dei simulatori, ha reso più semplice l’approccio ad un nuovo circuito. Originariamente concepiti dall’industria aeronautica per allenare i piloti di aerei, i simulatori sono diventati sempre più importanti per la Formula 1 anche in coincidenza con la progressiva diminuzione dei test in pista. Nell’immaginario collettivo i simulatori sono delle versioni allargate dei videogiochi ma la realtà è decisamente più complessa. “Il lavoro su una nuova pista inizia creandone il modello, utilizzando i disegni CAD, dati, foto e, talvolta, il rilievo con il laser del tracciato stesso” – spiega Gabriele Delli Colli, che segue lo sviluppo e le operazioni del simulatore della Scuderia Ferrari – “Successivamente, inizia il lavoro vero e proprio al simulatore con la definizione di un primo assetto base della macchina. Sia Fernando che Felipe hanno potuto provare il circuito dell’India dopo il Gran Premio d’Italia ed entrambi ne hanno ricavato un’impressione positiva. Inoltre, abbiamo messo a disposizione il simulatore anche dei piloti della FDA così ieri Sergio Perez ha avuto la possibilità di prepararsi nella maniera migliore. Il circuito di Buddh sembra essere diverso dagli altri del calendario iridato ed è caratterizzato da un andamento molto insolito. Ci sono tanti cambiamenti altimetrici e molte curve sono state costruite con tanto camber o, per essere più precisi, sono sopraelevate. Un’altra caratteristica insolita è che molti punti di frenata e di cambio di inserimento in curva sono ciechi quindi conoscere bene la pista può essere un vantaggio, soprattutto all’inizio.”
“Di solito una giornata al simulatore comincia alle nove di mattina e si conclude verso le tre del pomeriggio, dopo che sono stati completati dai 15 ai 20 run pari a circa una settantina di giri” – spiega Delli Colli – “In funzione degli obiettivi, di solito si comincia con una sessione rivolta allo sviluppo della vettura, provando differenti opzioni rispetto alla base di partenza. Se invece si lavora su una pista nuova, allora ci si concentra di più sulla conoscenza del tracciato, sempre partendo da un assetto standard iniziale. Inoltre, si cerca di capire se ci sono dei punti in comune con altri tracciati che possono essere utili per il nostro lavoro di sviluppo.”
Sono diversi i piloti che lavorano al simulatore Ferrari. “Abbiamo dei collaudatori con vari livelli di esperienza che sviluppano il simulatore e il modello ma la decisione finale su eventuali sviluppi spetta a Felipe e Fernando che, di solito, vengono qui almeno una volta al mese per convalidare i risultati” – aggiunge Gabriele – “E’ chiaro che loro sono i migliori perché hanno più esperienza e conoscono meglio la macchina: in fondo, succede la stessa cosa che accade nei test in pista che, peraltro, sono nei fatti più diretti in termini di responso: al simulatore bisogna fare molta più attenzione a come viene configurato il modello e la parte più difficile è la definizione della correlazione fra il simulatore stesso e la vettura reale.”
Se il simulatore può essere impiegato da un pilota per conoscere una nuova pista e dagli ingegneri per definire un assetto di base può risultare utile anche a pianificare la strategia di gara, come spiega Neil Martin, responsabile del dipartimento Sviluppo Strategie Operazioni: “Quando si va su una nuova pista non disponiamo di dati storici quindi il lavoro deve iniziare diversi mesi prima dell’evento. Dopo aver creato la pista virtuale e averla fatta provare ai piloti si può cominciare a calcolare le forze che agiscono sulla macchina in modo da avere un’idea dei carichi cui saranno sottoposti gli pneumatici: aggiungendo i dati sul livello di abrasività dell’asfalto si inizia a capire quale potrà essere il degrado degli pneumatici, un elemento cruciale per la strategia. Inoltre, si può individuare la traiettoria ottimale oppure valutare le chance di superare o di essere superati utilizzando il DRS.”
La Scuderia Ferrari e tutti i team che utilizzano questo tipo di simulatori avranno quindi un’idea di massima di quelli che li attenderà quando si accenderà la luce verde in fondo alla pit-lane venerdì mattina alle 10 ma nessuno può avere delle certezze di che cosa ci si può davvero aspettare dal circuito di Buddh. Lo si comprende anche dal tipo di scelta di pneumatici effettuato per questa gara che la stessa Pirelli ha definito conservativa: le Soft e le Hard saranno le due mescole a disposizione, con le prime definite come Prime. Saranno quindi due i treni di Soft a disposizione di ciascun pilota nelle prime due sessioni di prove libere con le Hard a disposizione nel caso la superficie risulti particolarmente abrasiva. Con tutte le sorprese che ci sono già state quest’anno, ci si può ragionevolmente attendere che il Gran Premio dell’India non farà eccezione.
Credit: Scuderia Ferrari Marlboro (www.ferrari.com)
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